giovedì 1 settembre 2011

L'Alba del Pianeta delle Scimmie, la rEvoluzione


In origine fu Charlton Eston, che alla fine trovò la Statua della Libertà e capì che si trovava sulla terra. Poi andarono di moda gli uomini muscolosi e fu la volta di Mark Whalberg, che alla fine trovò il Lincoln Memorial e capì che si trovava sulla terra.

Oggi è il momento della svolta animalista e di rivivere la mitologia de Il Pianeta delle Scimmie attraverso gli occhi di un primate. Non uno qualsiasi bensì quello che ha iniziato la guerra che ha posto fine al mondo come lo conosciamo.

Era ora, sostiene il regista Rupert Wyatt, di rivisitare questo mito senza tempo, mantenendo delle similitudini con il passato ma azzerando gran parte di ciò che abbiamo visto fin ora, soprattutto i vari viaggi nel tempo che, diciamocelo, sono nati fondamentalmente dalla necessità di arrangiare un sequel. Liberi da questa schiavitù narrativa il team dietro a L’Alba del Pianeta delle Scimmie si è concentrato sulla storia di uno scimpanzé dotato di un’intelligenza raffinata, mutata dal virus dell’alzheimer, e allevato da un ricercatore (James Franco) come un membro della sua famiglia, dunque abituato a vivere come un uomo.

Era ora perché finalmente è stato possibile affrancarsi da costumi pelosi e protesi facciali e popolare la scena di veri primati senza bisogno d’impiegarne alcuno. Quantomeno ipocrita sarebbe stato lo sfruttamento di scimmie per un film che racconta della loro liberazione. E così è ancora una volta l’avanzamento tecnologico a fare da propulsore all’arte. Insomma, se la vita ti da i limoni non ti resta che fare la limonata. Per indugiare nella nostra metafora, il regista assicura che la performance capture (e cioè la registrazione computerizzata dei movimenti del corpo per poi sostituirne le fattezze) è solo il bicchiere, ovvero un mezzo per dissetare lo spettatore, e non il succo della comunicazione, non dunque un genere cinematografico a se stante.

Uno splendido strumento, commenta Andy Serkis, protagonista del film, che slega l’attore dal suo corpo e lo mette in grado d’interpretare qualsiasi cosa, con il solo limite dell’immaginazione. E’ naturalmente molto difficile riuscire a ignorare la tuta e la maschera, i cavi e i sensori che permettono la cattura del movimento e inanellare una buona performance, ma lui in questa pratica è considerato il leader mondiale. Il motivo secondo Wyatt è semplicemente, anche se in molti se lo scordano, che è un grande attore.

Affezionato alle scimmie, che interpreta per la seconda volta dopo il Kong di King Kong di Peter Jackson, racconta di aver prima studiato come si comporta uno scimpanzé e di aver poi costruito su quell’impalcatura il personaggio di Caesar, la cui intelligenza descrive come quella di un bambino super dotato: inconsapevole. Innanzitutto è stato questo soggetto molto complesso ad attrarlo alla storia, un essere sfaccettato che fra le altre caratteristiche aveva quella di essere un animale.

Caesar cresce fra gli uomini e crede di fare parte della nostra specie ma non gli sono stati attribuiti connotati troppo umanoidi, quale presunzione avvicinare a noi ogni essere d’intelligenza superiore. La sua brillantezza, così come la sua brutalità risulteranno credibili e il duo assicura che la sua essenza non è stata “disneyficata”.
D’altra parte le scimmie in questo film non parlano, i pensieri e le decisioni di Caesar devono dunque passare attraverso le espressioni e i movimenti del corpo, senza essere però troppo didascalici rischiando di tradire la realistica fisicità animale. Una bella sfida. Una sfida molto costosa, sottolinea il regista.

La verità nascosta fra le pieghe della sua pelle coriacea esplode quando Caesar raggiunge un punto di rottura con il suo mondo e si rende conto di essere diverso dalla famiglia con cui è cresciuto. E’ rinchiuso quindi in un santuario, uno zoo avanguardista, che ospita parecchie scimmie dal passato traumatico incapaci d’interpolarsi fra loro se non con la violenza, come in una galera, ed entra finalmente in contatto con la sua specie, che però non riconosce come tale.

In questo limbo esistenziale nel quale è stato innestato in qualche modo dall’uomo e dalla scienza Caesar trasformerà l’evoluzione in rivoluzione. Appuntamento al 23 Settembre, quando un nuovo mondo sorgerà.

(Cristina Fanti)
da filmfilm.it

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