Bruce Willis si alza dal letto e mostra una certa rotondità a livello addominale. Da ciò capiamo che un’era è finita. Ma speriamo, sempre, che a un certo punto lo si ritrovi a indossare soltanto una canotta sudicia e strappata. Questo, perché lo sappiate, non avviene. La cifra stilistica di questo action con deambulatore, invece che attraverso i tradizionali muscoli oliati in evidenza, è espressa nel quantitativo di metallo sparato dalle più varie armi da fuoco. Per la legge della compensazione forse. A pochi minuti dall’inizio siamo bombardati da una parata di bossoli inusitata in una delle scene assolutamente più fuori di testa del genere.
E’ una nuova giovinezza dunque, che scavalca i limiti dell’azione targata anni 90, di cui questo film è erede in tutto per tutto, in una sorta di fanta-action al limite fra la realtà e Spiderman. Sempre in bilico tra azione e commedia, com’è ormai in uso da qualche anno per restituire spinta ad un genere che da sempre si è retto sul modello di un eroe di fine millennio tutto muscoli e ferite che ora non esiste più. I bodybuilder di un tempo hanno perso i capelli, sono ingrassati e diventati governatori.
Qualcosa dei vecchi tempi è però sopravvissuto, e cioè che la trama non conta. Sappiamo che Bruce, sebbene in pensione, è ricercato dai cattivi in quanto testimone di pesanti crimini di guerra all’epoca in cui era ancora un agente attivo della Cia, ma al momento della resa dei conti, e delle consuete spiegazioni finali, tutto si risolve in una supercazzola. Peraltro riuscita male.
Basti sapere che come lui ci sono altre persone in pericolo, i suoi vecchi compagni di battaglia e l’operatrice telefonica dell’ufficio pensionistico di cui si è innamorato, Sarah. Per questo bisogna riunire la banda, acciuffare la bella in pericolo e sconfiggere il nemico.
A parte alcune scene d’azione esaltanti (che però purtroppo sono tutte nel trailer), il film non mostra quel mordente che ci si aspetta dopo l’apertura ad alta concentrazione ferrosa. Per rimettere insieme i pezzi della vecchia macchina da guerra, ad esempio, la comitiva viaggia attraverso gli Stati Uniti, e ciò è banalmente sottolineato da cartoline che appaiono in sovraimpressione fra una tappa e l’altra. Un espediente poco fantasioso e decisamente televisivo a cui diciamo basta. Nelle scene non mostrate dal trailer, a parte uno John Malkovich molto sopra le righe e un paio di scontate ma funzionanti battute a stelle e strisce sulla vecchiaia – nonnetto, chiamano Frank, ma lui farà cambiare loro idea - la pressione è bassa e quasi necessita un controllo dal cardiologo.
Il sempreverde Bruce Willis fa quello che da decenni gli riesce meglio, con un paio di acciacchi in più. Tira due pugni e spara quel sorriso mezzo storto che conquista. Morgan Freeman è praticamente una comparsa. Mary-Louise Parker esercita i muscoli dell’ironia nella parte del sacco di patate trascinato qua e la, gli occhi e le orecchie del pubblico trasportati in medias res. Fa ridere perché ci s’immedesima con la sua normalità. Helen Mirren si trasforma in una Martha Stewart da trincea.
Karl Urban è l’unico “giovane” del cast. Pettinato da Hugh Jackman e vestito da primo della classe rappresenta il moderno agente segreto, programmato per uccidere e ingessato dalle regole. Di grande impatto, e inaspettata bellezza.
RED piacerà agli uomini e alle donne rustiche per le sparatorie, alle restanti donne per gli attori sexy e ai bambini per John Malkovich. Vi farà trascorrere due ore di piacevole encefalogramma piatto e alla fine vi sembrerà come un’ape che vi ha punto con la forza di una zanzara. Una grattatina, e avanti il prossimo.
(Cristina Fanti)
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