Un
lancio in contemporanea mondiale lo scorso anno per una prima stagione breve ma
intensa.
Un'epidemia,
racconta la sua versione della storia Andrew Lincoln, uno degli attori
protagonisti, tramuta l'umanità in zombie. In realtà non è ben specificato cosa
sia successo, e il punto, che sottolinea il creatore della serie, Frank
Darabont, è che non è importante il perché bensì il come: pustole, occhi
iniettati di sangue, pelle cadente ed un'irresistibile, contagiosa voglia di
mangiare uomini. Con un solo morso possono ridurti come loro. Il perché questo
aspetto sia importante è subito spiegato: una manciata di persone è rimasta
immune a questa inaspettata trasformazione e si ritrova a scappare dal menù a
la carte dei morti viventi. Così termina il nostro fugace sunto per chi
ultimamente fosse vissuto sotto una roccia.
Ora,
cosa ci aspetti per la prossima stagione, questo sì, lo sanno in pochi. Perché
il cast e la troupe custodiscono a peso d'oro le informazioni estratte dalle
nuove sceneggiature, il doppio in numero rispetto allo scorso anno, per un’annata
più lunga e più articolata.
La
promessa è una quantità di zombie mai vista prima, e questo fa tirare un
sospiro di sollievo ai fan, e una più intricata analisi dei personaggi, che,
con un cast corale di 13 protagonisti può diventare interessante. Il corollario
è che superato lo shock iniziale il grappolo di superstiti debba cominciare a
fare i conti con una nuova esistenza, contaminata, perseguitata, e mai più come
una volta. Non si tratterà più solo di scappare, ognuno di loro dovrà decidere
come affrontare il domani, se combattere, e come, per sopravvivere o lasciarsi
andare. Sarà così che assisteremo a una grande crescita personale e collettiva
mentre il gruppo di fuggiaschi diventa man mano una famiglia allargata,
comprendendo i Grimes, madre padre e figlio, gli altri superstiti incontrati
nella prima serie ed una nuova famiglia su cui è impossibile rubare
indiscrezioni.
Anche
quest’anno è previsto un battage pubblicitario planetario che lancerà la serie
nell’iperspazio dei nerd con biglietto di sola andata. Ma facciamo una pausa e
chiediamo al cast cosa voglia dire essere nerd. “Un nerd è un entusiasta” dice
Lincoln, “secondo questa definizione io sono un nerd, ognuna delle persone
coinvolte in The Walking Dead lo è”. La forza del prodotto secondo i
protagonisti e i creatori sta infatti nell’incredibile entusiasmo con cui è
realizzato, che porta gli episodi a essere così esplosivi, gli effetti speciali
così dettagliati e il pubblico così reattivo. Una giornata sul set è come una
festa di Halloween trattata con molta serietà, con attenzione al dettaglio,
dedizione e professionalità, le quali trasudano poi dallo schermo decretandone
il successo. Nessuno si sorprende dunque che un contenuto così di genere abbia
avuto un successo planetario, perché la cultura popolare, dicono, è un organo
democratico, e ciò permette a un animale da nicchia come questo, se realizzato
onestamente e con passione, di stimolare altrettanto sincero interesse. Una
squadra che non teme concorrenti finché, come pare che sia, il lavoro procederà
a ranghi serrati con sceneggiature che tengono il fiato sospeso, un’impeccabile
attenzione ai dettagli e indiscusso rispetto per il concetto originale, un
mondo straordinario ma ferocemente realistico.
Realistico
nelle relazioni. Costrette a vivere fianco a fianco diverse personalità che
fanno a cazzotti si trovano a dover cooperare contro un nemico più grande. Un
continuo divenire, sia per chi guarda che per chi recita. Non ci si annoia mai
negli studi della AMC, un giorno ci si deve odiare, il giorno dopo è necessario
difendersi a vicenda da un inaspettato attacco di zombie. Le emozioni sono
mantenute vive, la performance interessante.
Realistico
nelle interpretazioni. Lanciati in una foresta popolata di animali assurdi per
girare una scena della seconda stagione, gli attori non hanno dovuto faticare
per fingere di essere spaventati dall’imminente attacco dei morti viventi
dovendosi guardare per davvero le spalle dalle bestie selvatiche.
A tal proposito, come in tutti
i greggi c’è una pecora nera. Così come in ogni mondo post-apocalittico non c’è
niente di veramente al sicuro. Chiunque dall’oggi al domani potrebbe essere
morso e trasformato. I produttori ci tengono a sottolineare che tutto può succedere
e nessuno, nessuno, è salvo, lanciando gli attori in una sessione straordinaria
di analisi a microfono aperto in cui raccontano come sia meraviglioso lavorare
con un gruppo così coeso, finendo in un panegirico rivolto al boss Darabont il
cui succo ha tanto il sapore di una supplica per mantenere il proprio posto di
lavoro. Sono candidi nell’affermarlo, sperano davvero che il loro personaggio
sopravviva per non dover abbandonare lo show, ma ne hanno la certezza soltanto
di settimana in settimana quando ricevono la sceneggiatura della nuova puntata,
al che si chiudono in un luogo isolato per leggerla tutta d’un fiato. Tra i
giornalisti si mormora, la curiosità a questo punto bolle finché, per tornare
alla pecora nera, la bionda del gruppo, Laurie Holden, per non tradire le
aspettative legate al suo colore di capelli, quando le viene chiesto quanto
tempo si impiega a truccare uno zombie cinguetta: “Che ne sappiamo noi, nessuno
dei presenti è stato ancora trasformato”. Ci sarà da crederle?
(Cristina Fanti)
da Sky Magazine
(Cristina Fanti)
da Sky Magazine